Il vangelo di Mattia

Il vangelo o memoria di Mattia del II secolo d.C. tra gnosticismo e citazioni dei Padri della Chiesa

Il Vangelo di Mattia è conosciuto anche come Tradizioni di Mattia ed è un testo gnostico, rientrante nella categoria dei vangeli apocrifi, risalente al secondo secolo d.C. scritto in lingua greca. L’opera è attribuita all’apostolo che aveva sostituito Giuda Iscariota, il traditore di Gesù che si era suicidato.

Il vangelo di Mattia tra gnostiscmo e citazioni dei Padri della Chiesa

Gli studiosi la definiscono opera pseudoepigrafa, perché si riferisce ad uno scritto attribuito a un autore che, in realtà, non è responsabile della stesura del testo e non rientra nelle opere canoniche approvate dalla Chiesa.

E’ quindi importante chiarire che le memorie di Mattia non appartengono ai Vangeli canonici, tuttavia lo utilizzava il predicatore in lingua greca Basilide, che era un maestro religioso dello gnosticismo agli albori del cristianesimo ad Alessandria d’Egitto proprio nel II secolo d.C.

Il testo è perduto, ma lo conosciamo attraverso le citazioni dei Padri della Chiesa, specie San Tito Flavio Clemente (150-215 d.C.), detto anche Clemente d’Alessandria, che era un teologo, filosofo, apologeta e scrittore in greco antico.

La figura di Mattia apostolo

Mattia, secondo gli Atti degli Apostoli, era uno dei settanta discepoli di Gesù, rimasto con il Messia dal Battesimo di Giovanni Battista fino all’Ascensione per poi essere inserito nel gruppo degli Apostoli veri e propri. Il suo nome (Matthias in greco) vuol dire “dono di Dio” e, curiosamente, ha lo stesso significato del nome dell’apostolo Matteo.

Gli Atti degli Apostoli descrivono che Pietro aveva proposto ai 120 fratelli, componenti l’assemblea, di scegliere il successore di Giuda Iscariota. Tra i più meritevoli c’erano Giuseppe, chiamato Barsaba, e proprio Mattia, scelto infine per il collegio apostolico attraverso un sorteggio.

La designazione di Mattia negli Atti degli Apostoli

“In quei giorni, Pietro, alzatosi in mezzo ai fratelli (il numero delle persone riunite era di circa centoventi), disse: «Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura pronunciata dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. Perché egli era uno di noi e aveva ricevuto la sua parte di questo ministero…Infatti sta scritto nel libro dei Salmi: “La sua dimora diventi deserta e più nessuno abiti in essa” e: “Il suo incarico lo prenda un altro“.

Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione.

Essi ne presentarono due: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai scelto per prendere in questo ministero apostolico il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo». Tirarono quindi a sorte, e la sorte cadde su Mattia, che fu incluso tra gli undici apostoli” (Atti 1, 15-26).

Le testimonianze storiche

Le testimonianze su Mattia non sono numerose ma, secondo la Historia ecclesiastica di Niceforo, monaco cristiano e storico bizantino del XIV secolo, l’apostolo aveva predicato in Giudea, in Etiopia per poi subire la crocifissione.

In effetti,  Mattia risulta martire anche secondo una fonte, storicamente meno comprovata, che parlerebbe invece di lapidazione e successiva decapitazione a Gerusalemme e, per questo motivo, la tradizione gli attribuisce un’alabarda come suo simbolo iconografico.

Reliquie e culto dell’apostolo

Le reliquie di Mattia, apostolo e martire, si trovano nel transetto della basilica di Santa Giustina a Padova, vicino all’arca di San Luca, ma resta il dubbio che, in realtà, siano quelle di San Matteo, vescovo di Gerusalemme. In ogni caso, la Chiesa cattolica lo celebra il 14 maggio che è venerato anche da luterani, anglicani e ortodossi.

Il vangelo di Mattia

Il testo conosciuto come vangelo o memorie di Mattia, è tramandato attraverso citazioni di Clemente Alessandrino, ma è ricordato anche dal teologo e filoso greco antico Origene d’Alessandria (185-254 d.C.) e dal vescovo e scrittore Eusebio di Cesarea (265-340) che lo ha definito eretico, rifiutando evidentemente la possibilità che ne fosse l’autore.

L’opera risulta anche nelle citazioni di san Girolamo (347-420), autore della Vulgata, che è la prima traduzione completa in latino della Bibbia, ma anche della versione biblica in greco, detta dei Settanta, senza trascurare il decreto di Gelasio, l’elenco stilato per distinguere le opere canoniche e riconosciute da quelle non in linea con l’insegnamento della Chiesa, che ha dichiarato apocrifo il vangelo di Mattia.

Gli eretici Valentino, Marcione e Basilide facevano riferimento al testo di Mattia e, secondo alcuni apocrifi, l’apostolo avrebbe prima incontrato i cannibali e poi avrebbe conosciuto la prigione per responsabilità di Andrea, ma l’intera narrazione è senza valore storico e questi scritti confondono anche Matteo con Mattia.

Citazioni del vangelo di Mattia

Secondo i sostenitori dello gnosticismo, il testo conteneva una rivelazione che Gesù risorto aveva fatto solo a Mattia e alcune citazioni sono tramandati attraverso la Stromateis (Miscellanea) di Clemente Alessandrino, il terzo libro della trilogia che tratta della vita cristiana, comprese le eresie antiche.

La condanna del vangelo di Mattia come opera eretica

Lo gnosticismo sosteneva l’importanza della conoscenza riservata agli eletti attraverso formule e parole segrete che aprivano la strada alla salvezza spirituale e questo principio contrasta con il messaggio universale che Gesù Salvatore rivolge a tutti gli uomini, come emerge dai due testi seguenti:

Le correnti che vanno sotto il nome di una persona, per es. Valentino, Marcione, Basilide, sono ereticali, anche se si vantano di esibire l’insegnamento di Mattia; poiché come uno solo – l’insegnamento di tutti gli apostoli, così una sola – pure la tradizione” (CLEMENTE ALESS., Strom., 7, 17).

Basilide ed Isidoro, figlio e discepolo di Basilide, sostengono dunque che Mattia ha loro comunicato delle parole segrete da lui imparate allorché fu istruito separatamente dal Salvatore. Vediamo ora come Basilide e con lui Isidoro e tutta la loro schiera non solo calunniano Mattia, ma lo stesso Salvatore” (IPPOLITO, Philos., 7, 20, 1).

La posizione della Chiesa

I testi gnostici, tra i quali il Vangelo o memorie di Mattia, non rientrano quindi tra i vangeli canonici perché sostengono la necessità di conoscere formule riservate a iniziati, che sono quindi favoriti rispetto agli altri per accedere a Dio e alla salvezza spirituale, proprio grazie a parole segrete che solo pochi eletti hanno il diritto di conoscere.

Al contrario, la Chiesa considera Mattia un fedele apostolo di Gesù che ha condiviso il valore universale dell’insegnamento del Messia e il Suo progetto di Redenzione, in favore di tutta l’umanità senza distinzioni.

Di conseguenza, la Chiesa non attribuisce la paternità dell’opera a Mattia, giudicandola pseudoepigrafa, per un errore nella tradizione o forse per deliberata scelta di falsificazione dei movimenti ereticali ispirati allo gnosticismo.

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